Microbioma umano: identificati milioni di nuovi geni. Triplicate le informazioni a disposizione della comunità scientifica.

Il termine ormai non è più così sconosciuto. Per microbioma si intende la popolazione dei batteri che abita nel nostro intestino, pelle e bocca. E che è fondamentale per la nostra salute. Recentemente, grazie al più grande studio mai effettuato sulla microbiologia umana, un team di ricercatori dell’University of Maryland School of Medicine di Baltimora, dell’Harvard T.H. Chan School of Public Health di Boston e dell’Università della California di San Diego, ha identificato milioni di nuovi geni delle comunità microbiotiche che abitano il nostro corpo.
Secondo i ricercatori lo studio, che fa parte del progetto “National Institutes of Health Human Microbiome Project” nato con lo scopo di identificare e caratterizzare i microbi umani e indagare il rapporto tra microorganismi e salute umana, apre le porte a nuovi scenari sulla comprensione del microbioma umano e su come questo possa influenzare la salute, grazie anche alla grande quantità di dati raccolti.

La ricerca

La ricerca aggiorna e approfondisce un precedente studio del 2012 pubblicato su Nature e condotto su 724 campioni di microbioma. In questo nuova fase, gli scienziati hanno approfondito la precedente indagine analizzando altri 1.631 campioni di microbioma umano, per un totale di 2.335 campioni appartenenti a 265 persone diverse.
Gli strumenti utilizzati hanno permesso di esaminare le diverse sequenze di DNA, identificare quali batteri sono presenti nelle varie parti del corpo (intestino, pelle e bocca), determinare se cambiano o rimangono relativamente stabili nel tempo e analizzare meglio la loro funzione all’interno dell’organismo.
Grazie a questa indagine, il team è riuscito a individuare milioni di geni appartenenti alle comunità microbiche, in precedenza ignoti. Questo risultato potrebbe rappresentare un grande passo avanti nella comprensione delle differenze genetiche, che sono uniche del microbioma di ogni singolo individuo.
Fonte: http://www.nature.com/nature/journal/vaop/ncurrent/full/nature23889.html?foxtrotcallback=true